Identità Digitale Europea, uno spazio dei dati personali più sicuro e verificabile

I dati sono potere, motivo per cui la creazione di un'identità digitale per i cittadini dell'UE è una pietra miliare nel decennio digitale europeo.

La sovranità digitale degli individui significa che l'emittente dei dati può controllare chi ha accesso ad essi e per quale scopo può utilizzare le informazioni digitali. In un'Europa pronta per l'era digitale, l'identità digitale consentirà di accedere ai servizi pubblici, ai vari servizi di mercato online e lo sviluppo di un sistema più accessibile ed efficiente che renderà online l'amministrazione più semplice e sicura. Più semplice perché richiede l’armonizzare delle dati personali attraverso un sistema d’ identificazione, più sicuro perché è più efficace controllare e proteggere solo una piattaforma di archiviazione dei dati, lasciando così meno spazio all'abuso online. Vediamo come si stanno comportando l'Ungheria e l'Italia nel creare l'identità digitale dei propri cittadini, e quali sono le principali direttive dell'Unione Europea.

Il sistema unico Europeo d’identità digitale consentirà all'emittente dei dati, il cittadino, di controllare le informazioni che crea, ovvero saprà esattamente chi sta conservando i dati rilasciati e per quale scopo, in modo che non vi siano necessità di numerose registrazioni. Diventa possibile fare amministrazione bancaria, ma anche noleggiare un'auto attraverso la stessa identità digitale. L'iniziativa della Commissione Europea è ovviamente superata, basta pensare ai sistemi integrati di identificazione personale di Google, Facebook o AppleID, che dimostrano che attualmente stiamo dando accesso agli attori del mercato, dalle transazioni bancarie a tutte le nostre impronte digitali. Naturalmente, i fornitori di mercato sono vincolati da norme internazionali sempre più rigide sul trattamento dei nostri dati personali, ma l'introduzione di un'identità digitale unica è un passo importante per gli Stati membri nel proteggere i propri cittadini online. Come dimostra un sondaggio Eurobarometro presentato nel 2020, il 72% dei cittadini dell'UE desidera sapere a cosa servono i propri dati quando utilizza le applicazioni dei social media e il 63% desidera di aver un'unica identità digitale sicura per tutti i servizi online. Secondo il sondaggio, l'Italia è meno restia dell'Ungheria a condividere i dati digitali, ma il 69% degli ungheresi e il 66% degli italiani ritiene che sarebbe utile introdurre un'unica identità digitale.

In passato, la mancanza di una base giuridica comune ha impedito agli Stati Membri di riconoscere e accettare sistemi di identificazione elettronica rilasciati negli stati. L'insufficiente interoperabilità transfrontaliera dei sistemi nazionali ha reso difficile per i cittadini e le imprese sfruttare appieno i vantaggi dell'UE digitale. Per affrontare questo problema, nel 2014 è entrato in vigore il regolamento sull'identificazione elettronica, l'autenticazione e i servizi fiduciari (eIDAS), che fornisce la base giuridica per l'identificazione elettronica transfrontaliera, l'autenticazione e la certificazione dei siti web all'interno dell'UE. Attualmente, in 14 Stati Membri, solo il 60% della popolazione dell'UE può utilizzare la propria identità elettronica transfrontaliera nazionale e, ancor meno, solo il 14% dei fornitori di servizi pubblici consente l'identificazione elettronica. Per cambiare la situazione, la Commissione ha impostato la Bussola Digitale 2030 con non meno dell'80% dei cittadini che utilizzano la propria identità digitale e rendono disponibili online tutti i servizi pubblici di base ovunque.

La nuova proposta di regolamento sull'identità digitale (e-ID) presentata nel giugno di quest'anno, affronta le carenze di eIDAS migliorando l'efficienza del quadro ed estendendolo al settore privato.

Gli Stati Membri offriranno documenti digitali europei a cittadini e imprese che saranno in grado di collegare diversi aspetti della loro identità digitale nazionale. Tali servizi possono essere forniti dalle autorità pubbliche o, con certificazione ufficiale, dal settore privato, in modo che i consumatori possano accedere ai servizi anche online senza dover utilizzare piattaforme private o condividere inutilmente i propri dati personali. La Commissione ha anche allegato una raccomandazione alla proposta per un'azione più rapida e, in attesa della circolazione della proposta da parte del Consiglio e del Parlamento, la Commissione avvierà consultazioni con gli Stati Membri per stabilire un toolbox per preparare un'identità digitale unica dell'UE entro settembre 2022. Nell'ambito del programma Europa digitale, la Commissione sosterrà anche lo sviluppo di sistemi nazionali di identificazione digitale, come si evince dall'obiettivo di sviluppo digitale del settore pubblico della RRF.

In Ungheria, l'identificazione elettronica svolge le funzioni di identificazione/autenticazione elettronica necessarie per l'utilizzo dei sistemi di e-government, con l'obiettivo a lungo termine che tale funzione possa essere utilizzata in tutti gli Stati Membri dell'UE, in cui il sistema di servizi elettronici transfrontalieri sia attuato o stabilito l'accordo di mutua cooperazione. Lo svantaggio del documento intelligente ungherese è che i fornitori di servizi devono disporre di un lettore di carte certificato. In caso di utilizzo domiciliare, il cittadino deve disporre di un idoneo lettore di carte contactless oltre al computer se desidera collegarsi a sistemi amministrativi da remoto utilizzando i servizi di rete. Il lettore di carte è necessario per l'identificazione completa, ma in Ungheria alcune operazioni di identificazione più semplici possono essere eseguite anche tramite il sistema sportello del cliente.

Secondo le ultime notizie dell'Agenzia Digitale Italiana, dal 1° Ottobre 2021 sarà introdotto un servizio unico per consentire al Paese di prepararsi all'adesione all'identità digitale UE unendo i vari sistemi di identificazione amministrativa online. La modifica, in vigore da ottobre, è stata introdotta dalla legge 120 del 2020, che rende disponibili tutti i servizi pubblici digitali attraverso i sistemi SPID, CIE (e-ID) e CNS (carta sanitaria) anziché diverse interfacce di identificazione per gli enti. Fanno eccezione alle disposizioni di legge i comuni con meno di 5.000 abitanti, che è una decisione complessivamente razionale, ma solleva la questione se l'identità digitale sarà effettivamente disponibile per tutti i cittadini dell'UE in futuro.

Nel continente il dibattito sull'identità digitale è multiforme; l'inclusione sociale va tenuta presente, ma i problemi pratici di questa non sono ancora chiari: gli insediamenti con diversa disponibilità infrastrutturale e l'arretratezza sociale di diversi background socio-culturali possono rafforzarsi. Inoltre, i dati, come l'archiviazione e la protezione di risorse sempre più importanti nell'era digitale, sono divisi, il supporto per i cloud di dati europei non è uniforme e il principio della sovranità digitale non è chiaro. D'altra parte, si pone anche la questione se i cittadini dell'Unione Europea abbiano davvero un'identità Europea e se l'identificazione digitale dell'UE abbia un ruolo di formazione dell'identità. Tuttavia, la maggior parte dei politici concorda sul fatto che, oltre a regolamentare il settore privato, debba essere sviluppata un'amministrazione pubblica preparata digitalmente che protegga i cittadini nello spazio digitale, se non dagli altri, quindi da se stessi.

04.10.2021. Viktória Lilla Pató